Quantcast
Channel: controappunto
Viewing all articles
Browse latest Browse all 10

BACCHILIDE PER IERONE DI SIRACUSA

$
0
0

PER IERONE DI SIRACUSA, VINCITORE COL CORSIERO
 
NELLE GARE DI OLIMPIA
 
 
 

 
Felice quell'uomo cui il dio
 
concesse una sorte di beni
 
e, con invidiato destino,
 
di condurre una vita splendida.
 
Ma tra i mortali nessuno
 
è in tutto felice.
 
 
 
Una volta – dicono – l'espugnatore di città,
 
il figlio invincibile di Zeus
 
vivida folgore, penetrò
 
nella casa di Persefone caviglie sottili,
 
per trarre via dall'Ade, su alla luce,
 
il cane dai denti aguzzi,
 
figlio dell'orrida Echidna.
 
Qui, presso le correnti del Cocito,
 
tante anime vide di mortali infelici
 
quante sono le foglie che agita
 
il vento sulle luminose balze
 
dell'Ida, ricco di greggi.
 
Tra esse spiccava l'ombra
 
del Portaonide dall'animo audace,
 
tiratore di lancia.
 
 
 
Come splendente lo vide nell'armi
 
il magnifico eroe figlio di Alcmena,
 
all'occhiello agganciò la corda sibilante;
 
alla faretra poi tolse il coperchio,
 
e trasse un dardo
 
dalla punta di bronzo. A lui davanti
 
apparve l'anima di Meleagro
 
che ben conoscendolo disse:
 
«Figlio del grande Zeus,
 
férmati; e, l'animo rasserenato,
 
 
 
non scagliar dalle mani
 
il dardo aspro, invano,
 
contro anime di morti:
 
non temere». Parlò così. Stupì il signore,
 
figlio di Anfitrione,
 
e disse: «Chi degli immortali
 
o degli uomini allevò un tale rampollo?
 
E in quale terra?
 
Chi l'uccise? Presto lo invierà
 
contro di me Hera
 
dalla bella cintura; ma di questo
 
si cura la bionda Pallade».
 
A lui rispose Meleagro
 
piangendo: «Difficile
 
è piegare la mente degli dèi
 
 
 
per gli uomini che vivono sulla terra.
 
Mio padre Eneo, domatore di cavalli,
 
avrebbe certo placato l'ira di Artemide veneranda,
 
coronata di boccioli, dalle braccia bianche,
 
supplicandola
 
con sacrifici di molte capre
 
e di buoi fulvi.
 
Ma inesorabile la dea serbò
 
l'ira: un cinghiale di forza immensa,
 
feroce, la vergine lanciò
 
in Calidone dalle belle pianure,
 
che nella sua potenza qui infuriando
 
devastava col dente filari di viti,
 
sterminava greggi, e chiunque
 
degli uomini incontro gli andasse.
 
 
 
A lui tremenda guerra noi facemmo,
 
i migliori tra i Greci, strenuamente,
 
per sei giorni, senza sosta; e quando il dio
 
offrì la vittoria agli Etoli,
 
seppellimmo coloro che il cinghiale dal forte ruggito
 
aveva ucciso, con violenza avventandosi:
 
Anceo e Agelao, il migliore
 
tra i miei diletti fratelli
 
che Altea generò
 
nella casa nobile di Eneo.
 
 
 
Molti ne uccise la sorte funesta:
 
non aveva ancora la cacciatrice
 
valente deposto l'ira,
 
la figlia di Latona: per la fulva pelle
 
combattemmo strenuamente
 
con i Cureti bellicosi.
 
Qui, tra molti altri,
 
Ificlo io uccisi
 
e Afarete valente, gli impetuosi zii materni.
 
Ares violento
 
non distingue in guerra un amico,
 
ma ciechi i dardi volano via
 
dalle mani e contro i nemici s'addensano,
 
portando la morte
 
a chi vuole il dio.
 
 
 
Questo non curò
 
la valente figlia di Testio,
 
la madre sventurata;
 
e decise la mia morte, l'impavida donna.
 
Dalla cassa ben lavorata trasse e bruciò
 
il tizzone dal breve destino:
 
era fissato dal fato
 
che fosse allora il termine
 
 
 
della mia vita. Climeno,
 
figlio valoroso di Daipilo,
 
corpo perfetto
 
già stavo spogliando delle armi:
 
davanti alle torri l'avevo raggiunto;
 
gli altri fuggivano verso
 
l'antica città, la ben costruita
 
 
 
Pleurone. Per breve tempo è ancora a me la vita dolce:
 
sentii abbandonarmi le forze,
 
ahimè; e traendo gli ultimi respiri, infelice,
 
piansi lasciando la giovinezza splendida».
 
Solo allora – dicono -
 
il figlio intrepido di Anfitrione
 
bagnò di pianto le ciglia,
 
compiangendo la sorte dell'eroe infelice.
 
Rispondendo a lui così disse:
 
«La sorte migliore per l'uomo è non essere mai nato,
 
 
 
né vedere la luce
 
del sole. Ma non c'è vantaggio
 
in tali lamenti: bisogna parlare
 
di quel che si può compiere.

 
Vi è nella casa di Eneo,
 
caro ad Ares,
 
una vergine figlia,
 
simile a te nell'aspetto?
 
Volentieri la farei mia splendida sposa».
 
L'ombra di Meleagro,
 
forte in guerra, rispose:
 
«Deianira, dal tenero collo,
 
lasciai nella casa,
 
inesperta ancora di Cipride d'oro,
 
che incanta i mortali».


Viewing all articles
Browse latest Browse all 10